lunedì 30 settembre 2013

Infernal Devices: la mia recensione

Sono molto felice della ripubblicazione da parte di Urania di Le Macchine Infernali, considerato uno dei romanzi fondamentali dello steampunk. È stato scritto infatti da Kevin Wayne Jeter, colui che ha inventato il termine steampunk per descrivere i romanzi pubblicati da lui e dai suoi due amici Tim Powers e James Blaylock.

Autore versatile, il Jeter. Nella sua lunga carriera, oltre ai romanzi steampunk La Notte dei Morlock (1979) e Le Macchine Infernali (1987), ha scritto un romanzo precorritrice del cyberpunk, Dr Adder (1984) e numerosi libri ambientati negli universi di Guerre Stellari e Star Trek. Amico intimo di Philip K. Dick, ha scritto anche tre seguiti di Blade Runner. È poi scomparso per una decina d'anni per tornare nel 2011 con The Kingdom of Shadows e con il seguito, di prossima uscita, di Le Macchine Infernali, intitolato Fiendish Schemes.

Il romanzo Le Macchine Infernali segue le (dis)avventure di George Downer, che ha ereditato dal padre, genio della meccanica, un negozio di orologi e riparazione meccaniche. La vita procede tra alti e bassi fino a quando un misterioso individuo non lo incarica di riparare un ancora più misterioso dispositivo. Da qui in poi vediamo Downer coinvolto in una storia dai mille misteri, dove compaiono uomini meccanici, uomini-pesce di lovecraftiana memoria, società segrete e criminali drogati di futuro, con continui colpi di scena e tanta azione.
Il tutto descritto con tanto, tanto umorismo, in apposito contrasto con l'eccessiva serietà della fantascienza dell'epoca.
L'elemento più debole del romanzo è probabilmente il protagonista, nonché narratore: Downer viene trascinato dagli eventi, restando sempre ignaro di tutto. Ci sono almeno un paio di lunghi spiegoni per informare lui (e il lettore) del senso di tutto quello che gli è successo. D'altra parte bisogna dire che la passività del protagonista è parzialmente giustificata dalla trama – e non dico altro per non rovinare il finale del romanzo.
Gli altri personaggi sono invece molto più interessanti e vivaci, e basta poco a Jeter per renderli memorabili anche dopo che è finita la lettura.

È interessante leggere questo romanzo e confrontarlo con molto dello steampunk (o supposto tale)
prodotto oggi. Le Macchine Infernali è indubbiamente steampunk, ma non risente della formalizzazione alla quale questo genere è andato incontro. Non appaiono dirigibili (ma velivoli aerei di stampo leonardesco sì) non ci sono fumosi motori a vapore, mentre l'intelligenza artificiale degli automi viene spiegata senza ricorso al solito duo Babbage&Lovelace. Tanto meno sono presenti i brass goggles, senza i quali in copertina un libro oggi non può appellarsi del titolo di steampunk.

Per quanto i riferimenti alla letteratura dell'800 siano palesi, Infernal Devices non soccombe al problema, attuale nello steampunk, del citazionismo. Jeter non forza nella storia tutte le sue conoscenze del XIX secolo, e non parte alla ricerca feticista di qualche particolare oggetto vittoriano che possa sorprendere il lettore.

È interessante come Jeter, Powers e Blaylock non avessero alcuna intenzione di fondare un nuovo genere. I loro romanzi steampunk sono differenti tra loro, e condividono solamente l'ambientazione Vittoriana. Sono stati il Trope Maker del genere, ma non il Trope Codifier.

6 commenti:

  1. Purtroppo mi manca :O
    Devo recuperarlo, mi sa!

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    1. Direi proprio di sì! Se lo fai, sono curioso poi di sentire la tua opinione!!!!

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  2. Così, si dovrebbero scrivere le recensioni.

    ...

    Per quanto riguarda lo Steampunk.
    E' proprio vero, quello che scrive l'Ambasciatore Meccanico sullo stile estetico ( e simulacri inclusi, come le citate macchine di Babbage e Lovelace ) calcato e reiterato fino all'esercizio effimero.
    E' un male che affligge le nicchie.
    Personalmente, penso che l'ucronia sia uno strumento sempre utile, nella “borsa degli attrezzi” di qualunque scrittore E che certo hardware abbia un innegabile fascino retrò.
    Facendo un esempio personale : lo steampunk mi ha stimolato la curiosità e l'attenzione verso i primordi della moderna scienza informatica, spingendomi ad informarmi su vari argomenti e macchine.
    Non sono, tuttavia, un fan.
    Certe ambientazioni mi arrapano, lo ripeto, ma quando scrivo preferisco non pormi dei limiti di sottogenere ( lo dico con rispetto ) fantascientifico.

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    1. Certe ambientazioni steampunk arrapano pure me, ma ovviamente considero come te l'ucronia, e il retrofuturismo, solo uno strumento, che come tutti gli strumenti bisogna saper usare, e saper quando usare.
      Non ho scritto molti racconti in vita mia, e solo uno è stato steampunk. Curioso, vero? Forse perché dello steampunk più che la narrativa mi interessa il recupero della tecnologia del passato.
      Grazie di essere passato di qua, torna quando vuoi!

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    2. Eccomi !
      Mi piacerebbe leggere una tua definizione di retrofuturismo ... dato che ne ho trovate diverse, ma non concordanti.
      ( grazie ).

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    3. Gioco la carta wikipedia: "Il retro-futurismo o retrofuturismo è una corrente artistica contemporanea che trae ispirazione dal modo in cui il futuro è stato immaginato in passato".

      Lo possiamo intendere dal punto di vista estetico, da quello dei temi trattati, della tecnologia adoperata etc...

      Ma se ti sono note altre definizioni degne di nota, segnalamele pure!

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