giovedì 19 dicembre 2013

Storia di due colori

Ovvero: blu per i maschietti e rosa per le femminucce. Vero?

Ma anche no.

Almeno non nel passato.

L'uso dei colori per distinguere maschi e femmine ha una storia interessante che riguarda esclusivamente gli ultimi due secoli.

Per la maggior parte del 1800, infatti, i neonati vestivano in bianco, senza che gli abiti avessero alcun segno distintivo riguardante il sesso. Al limite i bimbi avevano i bottoni sul davanti e le bimbe sulla schiena. Dopo i sei anni circa di diventava adulti, con tutte le responsabilità che questo comportava, compreso indossare gli abiti adatti al proprio genere.
L'importante era quindi distinguere tra infanti e adulti, non tra i due sessi.

Chi è questa bella bimbetta?

 Franklin Delano Roosevelt (1882 - 1945), presidente degli Stati Uniti.

A partire da metà ottocento iniziarono ad apparire i primi abiti differenziati per colore. Apprendiamo dal New York Times del 1855 di un "baby show" messo su da un certo P.T. Barnum, con un centinaio di marmocchi vestiti di blu, rosa, e altri colori, ma senza (sembra) alcuna relazione con il genere.

Nel romanzo Piccole Donne (1868) troviamo un riferimento al fatto che si usi un nastro rosa e uno blu per distinguere tra due gemelli (femmina e maschio rispettivamente). Viene anche detto nel testo che è una moda francese, e da questo accenno possiamo supporre che non fosse una pratica comune.
Su un Time del 1880 appaiono bimbi e bimbette vestiti con ogni colore possibile (bianco, blu, rosa, viola etc...) mentre un numero della primavera del 1892 mostra bimbe vestite, tra i vari colori, di varie tonalità di blu.

Jo Paoletti, che ha studiato per decenni l'evoluzione della moda per bambini (no comment), nota che a partire dagli anni '90 del 1800 si ha una progressiva differenziazione negli abiti tra bimbi e bimbe, con i primi che indossano sempre prima abiti caratteristici degli uomini adulti quali i pantaloni, mentre le bimbe continuano a portare la gonna. 

Arriviamo a inizio novecento che il rosa è un colore per ragazzi mentre il blu viene associato alle ragazze.
Da un articolo del Ladies’ Home Journal del 1918:
“There has been a great diversity of opinion on the subject, but the generally accepted rule is pink for the boy and blue for the girl. The reason is that pink being a more decided and stronger colour is more suitable for the boy, while blue, which is more delicate and dainty, is prettier for the girl.”
Non fa una piega. (Se non sapete l'inglese, peggio per voi).

Negli anni successivi le cose si devono essere complicate parecchio, tanto che nel 1927 il Time pubblica una tabella utile a sapere con che colori si distinguono i generi nei Grandi Magazzini di alcune città degli Stati Uniti.

 
A partire dagli anni '40 i colori si sono stabilizzati nelle forme che conosciamo, con un ritorno all'unisex negli anni '60 e '70 (indovinate perché) e un ritorno al rosa femminile nei lontani anni '80.


Fonti:
Pink and Blue: Telling the Girls From the Boys in America, di Jo B. Paoletti
Manhood in America: A Cultural History, di Michael Kimmel
Piccole donne, di Louisa May Alcott

mercoledì 4 dicembre 2013

Foto senza testa

... E non stiamo parlando di foto fatte male.

Un'interessante moda ottocentesca purtroppo passata consisteva nel farsi fotografare con la testa di un familiare o un amico in mano, un semplice effetto che si otteneva sovrapponendo diversi negativi fotografici. Operazione facile al giorno d'oggi (Photoshop), ma che richiedeva un minimo di perizia quando la fotografia era ancora analogica.